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Personaggi. L’allenatore del FreeOpera. Zekri, una coppa chiamata libertà

E' algerino. Allena la squadra dei carcerati di Opera, con i quali ha vinto a sorpresa il campionato di terza categoria. Arrivò in Italia nel 1990 per giocare nel Foggia.

di Redazione

Al triplice fischio dell?arbitro, il primo a scattare in mezzo al campo con le braccia levate al cielo e gli occhi gonfi di lacrime è Noureddine Zekri, il mister del FreeOpera. è questa la fotografia più bella del trionfo della squadra dei detenuti del carcere del piccolo comune alle porte di Milano. Da pochi istanti si è conclusa la cavalcata dei suoi ragazzi, che gli hanno regalato un?incredibile promozione in seconda categoria. Nella doppia finale dei play off contro i cugini dell?Opera 1958, doppio 2-1, e passaggio di categoria in tasca. Chi lo avrebbe detto solo qualche mese fa, quando la squadra galleggiava al terz?ultimo posto della classifica «raccogliendo tanta simpatia e pochi punti», ricorda Alessandro Aleotti, il presidente del FreeOpera e patron del Brera Calcio, la terza squadra del capoluogo meneghino, allenata proprio da Zekri. Nel momento del bisogno Aleotti si è rivolto a lui, confidando tanto nelle sue capacità professionali, ma soprattutto in quelle umane. Perché gestire uno spogliatoio di 40 persone non è mai facile, se poi i ragazzi pensano sette giorni su sette, 24 ore su 24 alla partita della domenica, basta una scintilla per mandare tutto all?aria. «Altro che dilettanti, qui le dinamiche dello spogliatoio sono identiche a quelle delle squadre professionistiche. Abbiamo vissuto una stagione in perenne ritiro, sempre sul filo del rasoio», spiega il mister. Sognando il Foggia «Prima di allenare il FreeOpera non avevo mai messo piede in carcere, ero curioso, anche se mi dicevano che qui non c?è brava gente. La verità è che questi ragazzi hanno una grandissima voglia di cambiare, spetta a noi offrirgli una chance». Una certezza che, come spesso accade, nasce dalla vita vissuta. Nella valigia dei ricordi di Zekri, infatti, non ci sono solo pianti di gioia («Il successo del FreeOpera è l?emozione più intensa che abbia mai provato»), ma anche tante illusioni andate in fumo, solamente a causa del suo passaporto algerino. Era il 1990, una nazione intera stava celebrando le notti magiche nel nome di Totò Schillaci, quando Zekri, allora 26enne fantasista dal piede vellutato, proveniente dalla squadra algerina del Cab, sbarca in Italia. Lo vuole il Foggia dei miracoli targato Zeman. Ma il sogno di vestire la casacca rossonera si infrange contro il muro di gomma della burocrazia di Algeri. Il transfer dalla federazione africana tarda ad arrivare. Anzi non arriverà mai. Svanito il sogno del calcio professionistico, Zekri tenta la carta dei dilettanti. Rimane in Puglia, ma nemmeno a Manfredonia può firmare il contratto: niente documenti, niente ingaggio. Campioni in disciplina Il calcio, da lavoro, si riduce a semplice passione. Difficile pensare alle scarpe bullonate con la pancia vuota. Non rimane che salire su un treno e cercare fortuna a nord. Zekri lavora a Milano. Prima il volantinaggio, poi come manovale in un cantiere. Intanto continua a mantenersi in forma giocando nei tornei del Csi con una squadra composta interamente da egiziani, «ero l?unico ?straniero?, il primo anno ci chiamavamo Le Piramidi, poi siamo diventati I Faraoni». Il treno giusto finalmente passa con la sanatoria del 1996. Zekri ritrova i documenti e, ovviamente, il calcio.Troppo vecchio per tornare in campo, si dedica ?anima e core? alla panchina. «Nessuno però aveva il coraggio di affidarmi una squadra, e allora me la sono costruita da solo: l?Fc Algeria». Tre anni di calcio amatoriale culminati nella finale del torneo interrazziale di Milano Mondo, manifestazione ideata proprio da Aleotti. Nel 1999 la squadra di Zekri arriva in finale, «giocando un gran bel calcio», commentano Lodetti e Beccalossi, le due vecchie glorie di Milan e Inter che convincono il patron del Brera ad affidare la panchina all?algerino. Da lì al FreeOpera il passo è breve. Sette mesi vissuti con l?acceleratore premuto a tavoletta. «Il momento decisivo è stato quando abbiamo battuto 3-0 la capolista senza farle vedere la palla, lì abbiamo capito che potevamo farcela». Di certo non sono mancati gli ostacoli. «Il carcere ti appiccica addosso la sofferenza. Le tensioni fra le varie componenti di questo microcosmo non sono cosa da poco. Il primo insegnamento che ho dovuto dare ai miei giocatori è stato il rispetto, per gli avversari e per le regole». Un lavoro ben fatto e premiato dalla vittoria della Coppa Disciplina, il trofeo assegnato alla squadra più corretta del campionato. Ma la soddisfazione di Zekri va oltre. Il mister ha vestito anche l?abito del procuratore a caccia di contratti veri per i suoi ragazzi. «Credo che alcuni di loro, una volta usciti, possano usare quello che hanno imparato qua dentro come trampolino per reinserirsi nella società. Magari anche grazie alle mie conoscenze nell?ambiente». Il primo colpo del manager Zekri ha già un nome e un cognome: è Parid Khrumi, albanese, da un paio di mesi ex detenuto ed ex colonna del FreeOpera. La prossima stagione giocherà in prima categoria con un contratto da 600 euro al mese.


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